domenica 26 agosto 2012

due gambe, due metà di un cuore - scanno 2012


due metà di un cuore
non fanno un cuore
(cristiano b.)

credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei eddie merckx
(freccia - stefano accorsi)

  
ciao mi chiamo cristiano bitossi, ho 42 anni e porto il 48 di scarpe. conosco a memoria la formazione dell’olanda di monaco 74, ho un lagotto romagnolo che si chiama tommy, come il protagonista della maestosa omonima opera rock degli who, ma fino all’ultimo sono stato indeciso se chiamarlo cruijff. mi riesce bene andare in bici, dicono che vado forte in salita. forse è questione di perseveranza, di attitudine giocoforza acquisita. chè avevo una ragazza che era tutto per me, in un giorno di novembre lei mi guardò negli occhi e mi disse mi spiace, non ti amo più.

ed io
naturalmente
sprofondai.

sprofondai negli umani abissi che sono quegli abissi in cui sprofondano gli umani per certi accadimenti. ci rimasi parecchio, là sotto. ce ne avrei da dire, ma non è tempo e luogo. per farla breve, sono risalito pedalando. su, su, ancora su. da quando ho cominciato a risalire, non ho mai smesso di far girare i pedali. chè se succede, se smetti di pedalare, inevitabile succede che cadi, cadi giù.
laggiù, io, non ci voglio tornare.

 
dall’archivio cartaceo del sig. cristiano bitossi

30 luglio 1994, sabato
sgambata in bici per provare le gambe. praticamente le grandi manovre in attesa di domani. ho una fottuta paura, la strada da fare è tanta. crampi, stanchezza, forature, buio, incidenti, e che altro. ho tanta paura, ma il dado è tratto.
 
31 luglio 1994, domenica
partenza alle 4:36 del mattino, con le gambe che mi tremavano dalla paura. più volte pensato di tornare indietro fino a forlì, lì ho capito che era fatta. arrivato a cesenatico alle 8:53. vagato qua e la’ per almeno tre ore e mezza, poi le ragazze mi hanno visto dal terrazzo del loro appartamento. son rimasto lì a mangiare, rebecca è stata veramente fredda, ormai non gliene importa più niente di me. ripartito ore 14:32, arrivato a casa alle 19:50. molto felice, anche se rebecca non mi ha calcolato.

nell’estate del 1994 uscivo a pezzi da una storia di 6 giorni con rebecca. frequentavo disordinatamente il quarto anno di chimica industriale, avevo valicato quel monolite di chimica fisica due, poche ore dopo che roberto baggio aveva calciato quel calcio di rigore (ma non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore). lei, rebecca, aveva affrontato gli esami di maturità, dopodiché se ne era partita per cesenatico con le compagne, oramai ex tali, di classe. non sapevo dove cacchio fosse, dove alloggiasse, tranne che da qualche parte a cesenatico. una mattina me ne partii da bologna con una due ruote poco competitiva alla volta del mare, alla ricerca di lei.
o di non so che cosa.


(pochi giorni fa, 18 agosto 2012)

certo è lontana molto più di un anno quell’emozione dell’agosto precedente. non conoscevo quasi nessuno, un anno fa, ma temevo che gli altri tutti sapessero di me. sai, le chiacchiere di paese. qullù? ah, qullù è chill che shtave con blabla, s’ha venute da bbolognn, ma poi lei l’ha lassatee..
ancora un anno fa provavo un senso ben oltre il pudore, quasi di vergogna nel farmi vedere in giro per il paese. e infatti non uscivo mai. e infatti non mi conosceva quasi nessuno, infine e a dire il vero. e poi c’era una badilata di considerazioni correlate alla pedalata, fattore certo non trascurabile: partire da alanno con un gruppo consolidato, dover affrontare (uh!) più di 70 km, le salite, ma ce la faccio, ma gli sto dietro a questi, e se poi non ce la faccio, ma come si pedala in gruppo, ma poi, se foro, chi me l’aggiusta. e arrivato lassù, la mangiata con mezzo paese in trasferta che sarebbe partito con auto e camion carichi di fornacelle e arrosticini e salsicce e quant’altro.
e poi bevo. e poi scazzo parole sciocche. mi sentirò a disagio, dirò cose inappropriate e inopportune, diranno male di me, in paese, lei verrà a sapere e penserà per fortuna che l’ho mollato ‘sto sfigato
sii fatt a’bbone dottorè sii fatt a’bbone qullù è nu shtupitò nu cuiò dottorè…
oh
my
god
!

ma quest’anno è tutta altra storia. è passato un anno, faccio ormai parte della polisportiva in via ufficiale, sono uno di loro, indosso la loro stessa divisa della società, e scanno mi sembra una delle tante uscite sulla bici, anzi una delle meno scomode, mica troppi km, pendenze affrontabili. e seguirà una delle già vissute mangiate e bevute. nessuna timidizza. niente voce strozzata, mani che tremano, rossore, occhi che guardano le comete marine.
la sera prima della partenza sono a casa del mio vicino, il metronomo. devo mollargli un bric da 5 litri di pecorino e due salami presi in offerta speciale al supermarket, arriveranno a scanno by car moglie al volante. è il mio contributo per la baldoria post.
il bric non entra nel frigo, per far spazio il metronomo toglie acutamente una moretti 066 ed è presto stappata, ci accomodiamo in veranda nell’ora del tramonto
salutt
salutt
butto giù il primo sorso, faccio schioccare la lingua sul palato ed emetto un ahhh di soddisfazione
allora, quante biciclette siamo poi alla fine, domani? chiedo
mah, 15-16…
il dandy non viene poi, eh?
no, macchè..
cazzo! niente dandy.. e l’accademico?
manco lui, e neanche il nobiluomo..
annamo bene…
eh, quesshtè!
poi passiamo in rassegna tutti i partecipanti alla pedalata, questo c’è, quello no.
de i “quelli di un’altra categoria”, ci saranno il campione, la locomotiva, e il missile. poi anche l’inossidabile, che a mio dire sta in gran forma, e qualche dì fa ai navelli è riuscito nell’impresa di non farsi staccare dalla locomotiva dopo uno dei suoi soliti scatti, uno di quegli scatti che ti lasciano sul posto, e la locomotiva in 2-3 minuti diventa un puntino dell’orizzonte lontano, lontano, lontanoooo…
e poi ci saranno pure due outsider: il figlio del francese, ed il genero del missile. vabbò, dovrei arrivare tra l’8 e il 10, medito
(sì lo so non è una gara non è una gara è un ritrovo ciclistico conviviale. ma poi alla fine tutti, dai che è così, tutti dicevo, fanno i conti di quanti ne hanno davanti e quanti dietro. uh! ahivoglia! è sana competizione, ci sta. oh, se no andiamo direttamente a pentirci alla processione tutti dietro a don giglio che posto ce n’è, eccheccazzo!)
comunque anche tu è un periodo che vai bene, mi dice il metronomo
sì è vero, sto in forma in ‘sto periodo. vedremo…
poi parliamo d’altro, ed è subito cena.
saluto il metronomo e cammino quei pochi metri che mi separano da casa, è tempo di cheffare. mi preparo un piattone di spaghetti al salmone, ci butto dietro qualche bicchiere di un rosso non catalogato, e tranquillo mi sdraio sul letto. guardo un film alla tìvù, controllo di aver puntato giusto la sveglia, spengo la tìvù. cerco di addormentarmi, vanamente. accendo la luce, leggo un po’, accendo la tìvù, spengo la tìvù, spengo la luce, ascolto il buio. inspiro, espiro. penso a lei, un po’.

al ritrovo sotto a ticchione il presidente impartisce bene le regole: si va insieme fino ad anversa degli abruzzi, senza forzare e passo regolare, mantenere la destra e procedere in fila allineati. ad anversa si prende il caffè al bar della piazza, poi chi vuol partire faccia il cazzo di comodo suo, ci si vede poi su, a scanno, ci si aspetta giusto un po’ prima per arrivare uniti in parata
foto di gruppo, alle nostre spalle la fontana di ticchione, e si parte.
beneomale, si rispettano i patti impartiti alla partenza. la locomotiva scalpita, morde il freno, si butta avanti, il campione ed il missile rispondono sempre pronti, di tanto in tanto prendono un circa cento, duecento metri, poi si fanno riassorbire. si fa una breve sosta a popoli per riempire l’acqua nelle borracce e qualcuno piscia. uno molla un rutto e un altro una scoreggia. e poi di nuovo sulla strada.
tutto sembra procedere secondo i piani, ma prima di introdacqua si percepisce oltre ogni ragionevole dubbio che proprio non si possono più tenere a freno i fuoriquota. allora il presidente scioglie le briglia e dice vabbò chi ne ha vada ci vediamo al bar di anversa per il caffè.
apriti cielo
la locomotiva parte a razzo, mi chiedo come non gli si rompa la catena quando esplode tutta quella potenza, gli si mettono dietro il campione, il missile ed il genero. parto anch’io, mi alzo sui pedali ed esco dal gruppo. provo a prendere la coda dei fuggitivi, ma ogni sforzo è vano. passo da un rapporto all’altro, ma non funziona. non funziona mai, così. perdo strada, anzi dopo un po’ sento da dietro che arriva qualcuno. è il figlio del francese con l’inossidabile, mi passano e riesco ad attaccarmi alla loro scia. l’inossidabile comincia a spingere sui pistoni nucleari, sudo porco per stargli attaccato dietro, il figlio del francese pare non soffrire quel ritmo, incredibile ma guadagnamo su quelli davanti, metro su metro, ce li abbiamo a tiro, li bracchiamo, li prendiamo. l’inossidabile sembra stremato dallo sforzo, e quando la locomotiva riparte, cede. mi spiace, mi ha riportato nel gruppo di testa proprio lui, ma così succede. rimaniamo quindi: la locomotiva, il campione, il missile, suo genero, il figlio del francese, e il me medesimo cristiano bitossi. così, più o meno, arriviamo alla piazza di anversa degli abruzzi.
sosta caffè, acqua fontana, foto, un turista in retromarcia ribalta un tavolino fuori del bar, una bella figa probabilmente dell’est mi fa esternare un mo soggnia che gnogghiaaa mentre mi strafogo con un cornetto al cioccolato dolce un po’ salato tu cornetto al cioccolato. mi cola di lato un rivolo di saliva nera. me lo tolgo col dorso mano guantata.
si riparte, e non c’ho capito un cazzo. tengo un passo spinto per quelle che sono le mie possibilità, non ho idea di dove siano gli altri, chi davanti, chi dietro, siamo ripartiti in ordine sparso, così, ad minchiam. in realtà, senza accorgermene senza volerlo, gli altri son tutti dietro. tiro forse una decina di minuti, forse un quarto d’ora, poi mi sfilano via la locomotiva, il campione ed il missile. ma se mi hanno passato adesso, ma allora chi sta davanti, mi chiedo. nessuno, mi rispondo. siamo noi, davanti. incredibile, riesco ad attaccarmi. il ritmo è alto, ma sto bene, procediamo che sembriamo la chitarra flamenca di brian may dei queen in innuendo, ma non cedo. immagino che prima o poi la situazione si farà insostenibile e dovrò mollare, chissà quando chissà dove. e invece non succede. non devo manco farmi i film, quei film che mi faccio quando le gambe non riescono a sostenere il passo, e per ritrovare forze invisibili penso a eddie merckx che in mondovisione dichiara che sono il suo erede naturale, allegando documentate valide motivazioni. oppure mi vedo trionfante all’arrivo abbracciato e lei che dice perdonami mica sapevo che pedalavi così forte mi sa che ti amo ancora voglio tornare con te. e non ultimo nella mia cabeza ci stanno hemingway, john fante, de andrè, la pivano, alda merini syd barrett john lennon george best e shanny l’ameregano seduti su sgabelli al bancone di un fumoso nebbioso pub irlandese a bere pinte di guinness tra una paglia e l’altra a battere i pugni sul tavolo fracico urlando vai bitossi vai cazzo vaiiii!! no, questa volta non c’è bisogno, ci sono le gambe, non c’entra la testa, la fantasia, non c’entra il cuore, un cuore spezzato in due, e quindi non un cuore, che due metà di un cuore messe insieme non ne fanno uno. ci sono le gambe e bastano, anche quando a pochi kappaemme dalla fine, la locomotiva si lancia a tutta, si aggrega il campione, il missile ha problemi di schiena e deiste, ed io che spingo un rapporto durissimo e riesco quantomeno a mantenere una minima distanza dovendo rinunciare a prendere la ruota di quei due diavoli davanti. ma arrivati lassù, non posso che rimanere stupito di come ho pedalato, e come i bambini faccio ooohh.

si finisce tutti insieme, si arriva in gruppo e c’è la gente del paese che ci sorride e ci fa foto. l’ammiraglio chiede subito una birra, e presto parte la beveria, e parallele partono le rimostranze delle mogli. ci asciughiamo via il sudore, indossiamo pantaloncini e magliette fresche, e siamo pronti per la grande, solita, abbuffata paesana. non mancheranno affettati formaggi timballi arrosticini e salsicce, montepulciano doc e pecorino igt, a profusione. panche e tavole già apparecchiate con ogni bendiddio mi riportano al villaggio gallico di uderzo. io sarò obelix. un po’ più magro e rock.
 
Photo: 19-08-12 partenza da ticchione per scanno. bellissima giornata. grà-ziè!
(prima della partenza - ticchione)
 
Photo
(scanno - 'na biretta)
 

(scanno)

 

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