sabato 5 maggio 2012

rosso relativo

era al secondo appuntamento, e come per il primo aspettava l’ora buona sul divano con la tivù sintonizzata su gerryscotti sorseggiando l’ultimo bicchiere del vino bianco avanzato da ieri. si accese una paglia e fece subito uscire il cane in giardino pensando al fumo passivo.
partì la musichetta di default del nokia.
dimmi chè lei che mi tira il pacco dimmi che è lei che mi tira il pacco dimmi che è lei che mi tira il pacco…
guardò il nome sul display, non era lei, per la rabbia non rispose.
la tipa era carina, a modo e graziosa, avrebbe dovuto essere bramoso. aveva fatto per bene i calcoli, era già passato al multisala a prendere i biglietti, che sotto natale sai com’è. già che c’era aveva approfittato del centro commerciale per comprarsi le nike nuove e pure una maglietta da ggiovane da mettere sopra a quella rossa a maniche lunghe. un po’ leggero nonostante il freddo, ma lui lo reggeva bene, il freddo. si era fatto la doccia e lo shampoo, si era vestito e lavato i denti, aveva gargarizzato col listerine, e aveva abusato con acqua di giò. vestito casual con anche quei jeans preferiti si guardò allo specchio e vide che era cosa buona e giusta.
eppure, anche ‘stavolta, gli era già scesa la catena, e già rimpiangeva una serata che non sarebbe stata a base di cotolette del mecellaro del paese, piero angela alla tìvù e poi john fante nel lettone piumonoso.
decise che era ora, mise lo storico loden della festa, diede un bastoncino friskas al cane per farsi perdonare l’abbandono di qualche ora, e ripulito si mise in macchina con l’autoradio settata su virgin radio.
si mise a rivedere i fotogrammi della prima uscita, che era andata un po’ così, anche allora cinema e poi cinese, moderatamente a suo agio, cristiano b. aveva poi accompagnato la tipa carina a modo e graziosa alla sua macchina senza idea di prendere alcuna iniziativa (come sempre faceva o meglio nonfaceva, d’altronde). eppure illa si era sentita di scansare preventivamente equivoci dicendogli:
“scusami, ma sai, io sono una persona molto diretta, io sono una persona che dice quello che pensa, io sono una persona sincera e schietta.. insomma, voglio dirti che tu non mi piaci. non mi piaci proprio. se ci rimani male mi spiace, ma te lo devo dire, io sono una persona molto diretta, io sono una persona che dice quello che pensa……”
cristianuzzo bello aveva reagito passivamente, cercando di vedere se era in grado di ricontare tutti gli “io” di quel discorso. e se ne era tornato a casa quasi contento, che comunque la serata era poi finita.
che bello. domani sera cotolette e vino buono. ohhh… yeah!

ma poi era successo che dopo due settimane lei si era rifatta viva, e dopo qualche scambio di sms e e-mail, ne era venuta fuori una seconda chance. magari non è poi vero che non le piaccio, meditò. vai a sapere cosa passa nella coccia delle donne. sono matte. sono strane.
guardarono uno di quei il film di natale senza infamia e senza loden e poi cristiano la portò in un localino o da ballotta o da coppiette, tipo quei pubbettini intimi dove fanno anche da mangiare e sul tavolino ci sono le candele che diffondono luce tenue e si può parlare bene.
ordinarono birre del belgio, una pizza in due, e patatine.
cristiano si mise a raccontare di cose mediamente interessanti, mentre la tipa tirava sbadigli cadenzati senza sforzarsi minimamente di trattenerli.
“ti stai annoiando?”
“no, perché?”
“come perché… sbadigli in continuazione”
“no, è che sono stanca, sai è che in ‘sti giorni..”
“ti annoia ‘sta storia che ti sto racc..”
“ma no, ho detto che sono stanca. sono stanca”
“è carina la maglia che c’hai. ti sta bene il bianco”
“dici? mah! io la volevo rossa, ma erano finite. tutti mi dicono che il rosso mi dona. anche per me sto bene col rosso”
era da un’ora che aspettavano le patatine, cristiano si alzò e andò al banco a chiedere con tutta l’educazione del mondo. la ragazza truccatissima dietro gli rispose sgarbatamente. tornò mesto al tavolo.
“ma che modi, eh?”
“vorrei vedere. mi sa che non è l’unica persona che ti tratta così. è che si vede che sei un debole, si capisce subito, e secondo me tutti si comportano così con te”
“e cosa dovrei fare, scusa? non mi metto a litigare per delle patatine”
“è una questione di principio. oggi sono le patatine, domani…”
“allora sono un debole?”
“sì, si vede benissimo. è normale che la gente poi ti tratti così”
“oh, ma proprio non ce l’ho un pregio? dai, dimmi un pregio. sbadigli e mi dici solo difetti…”
“boh. ci dovrei pensare”
abbassò gli occhi come ci pensasse davvero. passarono uno, due, tre, quattro, cinque secondi.
cristiano svuotò tutto d'un fiato il bicchiere della seconda birra doppio malto, impugnò il coltello ancora sporco di pizza.

mentre i due in divisa lo portavano fuori coi ferri ai polsi si girò per guardarla un’ultima volta. aveva ragione lei. le donava, il rosso.

Nessun commento:

Posta un commento